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Ordini di grandezza

Al liceo mi spiegarono che se la storia della terra fosse un metro, la storia dell’uomo sarebbe l’ultimo millimetro. Era un gioco di proporzioni e l’inizio di un certo modo di pensare: la fine della grandezza assoluta, l’inizio della misura relativa, il passaggio dalla aritmetica all’algebra, la comparsa della vertigine dell’astrazione.

Un amico mi ha detto che anche le montagne producono suono, solo che questo suono è su una frequenza d’onda troppo lunga per essere ascoltato. Se una variazione di pressione nell’aria comincia a andare su e giù quattrocentoquarantavolte in un secondo allora ascoltiamo la nota musicale “La”, troppo veloce per una montagna. Mi viene il dubbio che forse è la nostra vita che è troppo breve per poter provare a intendere un suono del genere, che si articola sicuramente nei secoli.

Tant’è che le nostre orecchie si sono evolute in modo da sentire solo certi suoni, quelli utili e adeguati alla nostra vita e quindi anche alla nostra idea e percezione del tempo (pare che con la Fisica del l’ultimo secolo anche il Tempo sia una illusione umana). Si tratta di vibrazioni che avvengono veloci o lente, è una cosa che ha a che fare con il tempo e con gli ordini di grandezza. Anche la luce è una vibrazione solo che è una vibrazione di onde elettromagnetiche, alcune frequenze sono luce e colori, tutte le altre sono invisibili. Se potessimo ascoltare le onde elettromagnetiche il sole sarebbe un fracasso insopportabile e le antenne dei cellulari non farebbe che urlare intermittenti tutto il giorno. Invece abbiamo i colori: è solo una variazione di ordini di grandezza.

Lo schema delle scatole cinesi è l’immagine più chiara che sceglierei come metafora degli ordini di grandezza. Una serie di oggetti uguali, che stanno uno dentro l’altro ma di proporzioni diverse. Come guardare bene le cime di un cavolo: tante piccole corna formate da altre corna uguali e così via, in un movimento a spirale verso la vertigine dei frattali e dell’autosomiglianza. Fortunatamente un soffritto in aglio e peperoncino abbassa di molto il carattere tutto sommato ansiogeno del cavolo, ma gli ordini di grandezza rimangono, basta solo non lasciarsi andare troppo all’astrazione. Altrimenti il nostro corpo diventa un ammasso di cellule e un tramonto una tempesta di fotoni, anche se questo è irrimediabilmente vero. E allora giu nel vortice: le cellule sono fatte di proteine e le proteine di amminoacidi, gli amminoacidi di molecole e le molecole di elementi e gli elementi di atomi e gli atomi di particelle subatomiche e queste sono fatte quark e giu via fino a delle fantomatiche stringhe vibranti. I russi, che sono un popolo che nasce con la poesia nel sangue, hanno visto questo concetto dentro ad una donna ed è uscita fuori la matrioska. Questo bel video rende bene l’idea, andando dal basso verso l’alto

Solo che ad un certo punto bisogna fermarsi, perchè questa astrazione porta ad un relativismo che distrugge tutto e diventa assolutismo -che paradosso- e si diventa pazzi. Non lo so noi dove siamo, ma certamente siamo sospesi tra l’ordine di grandezza dell’infinatamente piccolo e quello dell’infinitamente grande (fuori da noi come dentro di noi), una condizione decisamene problematica quando sei dotato di una autocoscenza. Non possiamo scappare da questo ordine delle cose, i nostri discorsi, le nostre società, le nostre vite, le nostre città i nostri artefatti culturali si organizzano secondo vari ordini di grandezza, li possiamo guardare, pensare e considerare a vari livelli di astrazione e in ognuna di essi di nuovo compare l’autosomiglianza, la somiglianza della parte con il tutto. Un “cartonero” argentino che va raccogliendo cartacce per Buenos Aires per rivenderla alle industrie di riciclo si comporta nello stesso modo di un batterio chs sta mangiando un cadavere, avviandone la decomposizione. Questo schema delle scatole cinesi è anche dentro di noi e si riflette in tutto quello che facciamo anche inconsapevolmente. C’è stato un tempo in cui facevamo parte della catena alimentare, il più atroce e fondamentale gioco di matrioske. Poi ne siamo usciti -forse- e ci siamo guadagnati la possibilità di contemplare tutto questo.

Il nostro cervello produce dei pensieri i quali sono espressione -buttandosi giù di colpo nel abbisso delle scatole cinesi, saltando molti passaggi- dell’attività dei neuroni, degli interruttori che scaricano sostanze chimiche sui loro vicini, “accendendoli” o “spegnendoli”, on/off e basta: semplice e inequivocabile. Della roba che non mi sembra contemplare per esempio l’idea di “contraddizione” come avviene risalendo su e arrivando al livello dei pensieri. Belli gli ordini di grandezza: hanno dentro cose che si contraddicono e non vanno in pezzi.

La storia dell’uomo è anche la storia del continuo tentativo di risolvere questa condizione o di ignorarla, di distrarsi da tutto questo. Non so cosa succedesse in passato ma di certo nella modernità ogni tentativo di risposta o di distrazione alle domande a cui non avremo mai risposta produce delle irriducibili e fragorose solitudini. Penso che la Pop-Art, per esempio, non parli d’altro che di questo -tanto per parlar di noi

Se penso ai vari ordini di grandezza mentre adesso sto scrivendo questo post (elettroni-corrente-interruttori on/off-microcip-sistema operativo-pixel-monitor-scrivania-casa-monteverde-Roma-Italia-Mondo-Via lattea…   e di la c’è la Clerici in televisione) potrei ad un certo punto star male. Bisogna fermarsi. Viene in mente il mito di Icaro: per fuggire via dal labirinto di Minosse cominciò a volare troppo alto e, avvicinandosi troppo al sole, il calore sciolse la cera grazie alla quale le ali costruite dal padre erano attaccate al suo corpo. Possibile che i Greci avesserero così tanto capito tutto? Icarus è per esempio il nome della strumentazione in uso nel Laboratorio Nazionale del Gran Sasso finalizzato allo studio dei neutrini, di nuovo l’infinatamente piccolo e l’infinita curiosità dell’uomo.

Bisogna fermarsi ad un certo punto o le ali si staccano. Quindi bisogna trovare la giusta altezza alla quale volare? Praticamente qualunque cosa, guardata nel giusto ordine di grandezza è un labirinto con dentro il suo bel Minotauro. Mi è sempre piaciuta l’idea che sia una donna, Arianna, a tenere in mano il filo rosso per uscire fuori dal labirinto.

Mi rimane il dubbio se sia solo un problema legato alla determinazione della giusta distanza, della misura del baricentro dell’inviduazione del centro caldo e pulsante del mondo. Oppure c’è bisogno di un grosso pensiero unificatore che ci abbracci tutti, c’è bisogno di un respiro profondo. Ma per questo respiro bisogna viaggiare in lungo e largo da un orizzonte ad un altro e gli orizzonti hanno questo brutto vizio di spostarsi sempre.

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