Accade che, fermandomi, consideri le cose da un livello di maggiore astrazione. E’ un brutto vizio che porta a mettere troppo di frequente le cose in discussione. Inoltre è continua la ricerca delle categorie, delle generalizzazioni: sempre a disegnar mappe. Da un po’ mi pare evidente che nella vita si presentino tre strade, tre diversi percorsi percorrendo uno delle quali la vita si adegua e si caratterizza integralmente. Queste tre vie si chiamano Possesso, Produzione, Esperienza. Non che le vie non si intreccino, ma sembra che le persone ne scelgano sempre una in particolare.
Chi sceglie il Possesso fa di tutto per avere. Comprare, lavorare, guadagnare, faticare, sognare, desiderare, tutto attorno al baricentro dell’avere. Dal possesso ricava felicità e anche uno scopo, il senso di tutte le fatiche. Costoro fanno shopping, affollano i centri commerciali, entrano nei concessionari, sognano orologi, costruiscono piscine, sfogliano cataloghi.
Chi sceglie la Produzione ama costruire qualcosa, spesso con le mani ma sempre con l’intelletto. Esercizio dell’occhio e della mano o della parola. Abitare il tempo nella incessante creazione/produzione di qualcosa. Testi scritti, pitture, fotografie, film, relazioni, analisi, storie, ricerche, vestiti. Generalizzando: artigiani. La felicità sta nel fare bene, sempre meglio. La contemplazione del risultato finale non è che la parte conclusiva e spesso quasi irrisoria di un ciclo continuo. L’mportante è stare dentro quel processo di produzione. Il possesso dell’artefatto finale non è di minima importanza. Solo la sua valutazione, in virtù del miglioramento della successiva “cosa da fare”
Chi sceglie l’Esperienza vuole essere al centro di qualcosa che muova i sensi, i sentimenti e le emozioni. Vuole per l’appunto esperire (una parola che si usa poco). Ci si arrangia, si trova un modo per guadagnare dei soldi e stare al mondo. Ma lo scopo è: fare surf e cavalcare le onde, veleggiare su una barca o su un deltaplano. Viaggiare, guardare dal finestrino, contemplare il mondo. Combattere su un ring, correre con una moto. Ascoltare musica, assaporare i cibi più buoni. Fare sesso, perdersi nelle brame caotiche del corpo, ballare. Cose che ci mettono nelle condizioni di vivere nel flusso dei sensi e delle emozioni. Godere del qui e ora e cercare un continuo presente dove essere un antenna in continua ricezione.
La prima strada facilmente mostra la sue insidie: “le cose” sono mute e ottuse, spesso arredamento e decorazione del nulla e della noia. ti costringono a vivere nel continuo mercimonio di se stessi, del proprio tempo e delle proprie risorse in cambio dei soldi.
La seconda strada spesso è cieca e ossessiva. La creazione come esperienza è quasi sempre tutto tranne che piacevole. La ricerca fine a se stessa non riesce a stare in piedi, spesso perde di senso. Vive del riferirsi a se stessa, impoverisce lo sguardo. La fatica ha come scopo se stessa, si abbandona la piena cittadinanza nel mondo e tra le persone. E se perdi la sensazione del gioco in quello che fai arriva l’infelicità.
La terza strada sembra essere l’unica che regge all’attacco di ogni nichilismo. Nulla la smonta perché si tratta di essere dentro quelle che sembrano essere le uniche vere “sostanze del mondo” come a noi ci appare: forze, odori, colori, emozioni, dolori, bellezza. Credo che chi abbia scelto questa strada non consumi il mondo e le sue risorse, non voglia imporre il suo potere sugli altri, ha sempre ben chiara la sua felicità, mette le cose in prospettiva e attribuendo e distribuendo i giusti valori. Credo sia la scelta migliore.